invece stasera, che è il mio trentasettesimo compleanno, io vado a vedere i calibro 35, che suonano nella mia città. se sei in zona dovresti farlo pure tu, perché meritano un bel po'.
mercoledì 8 settembre 2010
seeing eye dog
è il titolo del nuovo album degli helmet, una delle mie band preferite di quando ero pischello. la gioia che provavo ad ascoltarmeli in cuffia o in auto col volume a palla che tanto ero giovane e bello e chi se ne fotteva; le chitarre compressissime, i testi incazzati che si sposavano tanto bene con la mia voglia di spaccare tutto; e anche quando suonavo la batteria il mio modello era il batterista degli helmet; e pure adesso devo dire che riascolto volentieri grandissimi album come meantime o betty non senza improvvisarmi air guitarist. vabbè, bando alle rimembranze. i nostri mettono online la title-track e due versioni live di vecchi cavalli di battaglia (grazie totztotz/digra che lo ha segnalato su tuitter). insomma: saranno le mie orecchie invecchiate, saranno i plurimi ascolti degli album citati e di altri, sarà la naturale consapevolezza che certe cime si raggiungono una volta sola nella vita di una band, ma a me questo pezzo qui nuovo non piace: sa di già sentito, sa di minestra dell'altroieri, in pieno stile helmet per carità, ma ahimè trito e ritrito. mi fermo qui e aspetto di ascoltare l'album nel suo insieme, non appena scaricabile disponibile. dal vivo, manco a dirlo, restano insuperabili; nonostante le pose tennistiche di page hamilton (gambe larghe e chitarra impugnata come se si aspettasse un servizio bomba di ivan lendl).
invece stasera, che è il mio trentasettesimo compleanno, io vado a vedere i calibro 35, che suonano nella mia città. se sei in zona dovresti farlo pure tu, perché meritano un bel po'.
invece stasera, che è il mio trentasettesimo compleanno, io vado a vedere i calibro 35, che suonano nella mia città. se sei in zona dovresti farlo pure tu, perché meritano un bel po'.
lunedì 30 agosto 2010
la ciclabile marrone
l'aumento dei biglietti atm per i soli comuni fuori milano mi fa incazzare non poco. non ci metto manco il link da quanto son furioso. io per venire a lavorare a milano faccio 5 fermate di metropolitana di cui una soltanto fuori dalla zona a tariffa 1 euro/viaggio. l'aumento del settimanale che prendo di solito è di 70 centesimi (60 dal primo agosto e 10 dal primo settembre. perché? boh!) e passa da 5,90 a 6,60. il biglietto singolo da 1,20 a 1,25. aumenti ancora più cospicui per chi viaggia dalla provincia profonda, o anche solo da sesto è costretto a superare loreto. a questo aggiungiamo che se e quando dovrò venire in auto dovrò grattaparcheggiare a 80 cent all'ora, perché anche in questa periferia trafficatissima l'atm ha voluto seminare le sue dannate strisce blu. aggiungiamo anche che se volessi andare in centro con l'auto, perché proprio tutti quei soldi per un biglietto mi sembrano un furto (una famiglia di 4 persone paga quasi 15 euro di mezzi pubblici da sesto per andare a far shopping in cèntro), devo mettere in conto l'ecopass. e va bene. e i milanesi de milàn? loro non avranno aumenti e continueranno a viaggiare a un misero euro, dal gratosoglio alla comasina, dalla barona all'ortica, praticamente cinque o sei volte i chilometri che percorro io quotidianamente sui mezzi pubblici. "ebbè, ma c'è l'expo! lo sai che stanno rifacendo 15 fermate della metro?" lo so, lo so. tutte in centro, manco una in provincia: hai mai visto la stazione di cascina gobba? ecco vai a rifare quella, vai. e perché devo pagare io il belletto alle stazioni in centro? "che ti devo dire: fai il portoghese e viaggia senza biglietto" l'ho fatto in gioventù, e lo farei anche ora... ma tu lo sai dove stanno i controllori? stanno come condor all'uscita delle fermate di provincia, per sgamare chi viaggia col biglietto a 1 euro e sfora la zona. non stanno mica appostati a duomo o cadorna, ché non sta bene... "oh senti, vai in bici che ti fa bene!" certo che ci vado in bici. in primavera e d'estate, rischiando la vita sul viale monza, patria senza legge dei furgoncini, dei suv e degli scooteroni. d'autunno e in inverno magari vacci tu in bici e prova a prendere la ciclabile marrone. no, scherzavo: non ci sono ciclabili degne di questo nome a milano. era un modo carino per mandarti a fare in culo.
martedì 10 agosto 2010
la noce moscata e lo stronzo mosè
la noce moscata, si sa, è tossica. tu la gratti sulle uova, o sui tuoi manicaretti, ma lei è sempre pronta a farti vedere i mostri verdi pelosi e spugnosi che escono dal lavandino. tanti anni fa io e altri tre amici abbiamo voluto provare l'effetto che fa(ceva). dopo aver letto sulla biografia di malcolm x come doveva essere assunta, ci siamo muniti del prodotto, lo abbiamo grattugiato in un bicchiere d'acqua gelata e alè. beh dopo due ore due, effetti pari a zero. mandando a fare in culo malcolm x e tutte le stupide credenze sulla spezia ce ne siamo andati tutti e tre a dormire.
la mattina dopo mi sveglio in condizioni pessime. pesantezza, mal di tutto. guardo il mio socio seduto sul suo letto e gli farfuglio: "mamma che faccia brutta che hai", "dovresti vederti..." mi bofonchia lui. eravamo entrambi pallidi, bianchi come cenci fuorché gli occhi: pesti, violacei. insomma l'effetto della noce moscata era esploso durante la notte, conciandoci come fattoni. il terzo amico che con noi aveva voluto provare la noce, quella mattina non si era fatto vivo e così anche per la settimana seguente.
al suo ritorno ci racconta di una tremenda intossicazione alimentare. spasmi, dolori, contorcimenti. e niente cacca: per una settimana non era riuscito a scaricare e liberare il suo corpo, già magrino e denutrito, dalla malvagia noce. insomma ci racconta questa cosa davanti a un caffè. poi ci accendiamo la classica siga e lui sente qualcosa muoversi dentro. "cazzo! finalmente! scappo, ciao". torna dopo 10 minuti, ridendo come un pazzo: "vi prego, lo so, fa schifo, ma vi prego venite a vedere cosa ho fatto.."
entriamo nel cesso. dentro la tazza c'era uno stronzo solo, bicolore, dritto e appoggiato alla parete bianca del water. usciva per un buon 15 cm dal pozzetto. ma la cosa sconvolgente era che tirare lo sciacquone non serviva a uccidere il mostro: lo scroscio d'acqua lo investiva, ma lui rimaneva lì a dividere le acque come un novello mosè.
lo stronzo mosè è morto, tra le nostre risa, dopo due vigorose secchiate.
la mattina dopo mi sveglio in condizioni pessime. pesantezza, mal di tutto. guardo il mio socio seduto sul suo letto e gli farfuglio: "mamma che faccia brutta che hai", "dovresti vederti..." mi bofonchia lui. eravamo entrambi pallidi, bianchi come cenci fuorché gli occhi: pesti, violacei. insomma l'effetto della noce moscata era esploso durante la notte, conciandoci come fattoni. il terzo amico che con noi aveva voluto provare la noce, quella mattina non si era fatto vivo e così anche per la settimana seguente.
al suo ritorno ci racconta di una tremenda intossicazione alimentare. spasmi, dolori, contorcimenti. e niente cacca: per una settimana non era riuscito a scaricare e liberare il suo corpo, già magrino e denutrito, dalla malvagia noce. insomma ci racconta questa cosa davanti a un caffè. poi ci accendiamo la classica siga e lui sente qualcosa muoversi dentro. "cazzo! finalmente! scappo, ciao". torna dopo 10 minuti, ridendo come un pazzo: "vi prego, lo so, fa schifo, ma vi prego venite a vedere cosa ho fatto.."
entriamo nel cesso. dentro la tazza c'era uno stronzo solo, bicolore, dritto e appoggiato alla parete bianca del water. usciva per un buon 15 cm dal pozzetto. ma la cosa sconvolgente era che tirare lo sciacquone non serviva a uccidere il mostro: lo scroscio d'acqua lo investiva, ma lui rimaneva lì a dividere le acque come un novello mosè.
lo stronzo mosè è morto, tra le nostre risa, dopo due vigorose secchiate.
sabato 24 luglio 2010
io e la rhino power service
è moltissimo che non posto qui e oggi riprendo.
intorno alla metà degli anni novanta avevo finito il servizio civile e dovevo trovarmi un lavoro: l'estate era vicina e non volevo rimanere troppo nella metropoli; urgeva un lavoro, anche una cazzata eh, ma che mi permettesse almeno dieci giorni di campeggio in giro per la toscana o giù di lì. qualche giorno dopo la prima spedizione di curriculum mi contatta la rhino power service per fissare un colloquio per la mattina seguente.
"di che lavoro si tratta?", chiedo preventivamente.
"domani le spiegheranno tutto".
fisso l'appuntamento e intanto cerco di capire quale fosse la rhino power service tra le n-mila anonime inserzioni a cui avevo compulsivamente risposto; niente: l'unica è andare di persona e cercare di capire.
mi presento l'indomani all'orario stabilito. l'indirizzo corrisponde a un grande supercondominio in edilizia convenzionata nell'hinterland nord-orientale. citofono e un voce risponde "a destra, seminterrato". entro nel cortile supercondominiale, scendo la scalinata esterna e suono il campanello; apro la porta e la sede della rhino power service si apre ai miei occhi: uno stanzone con due porte e un piccolo bancone d'accoglienza. sulla porta di sinistra la scritta "ufficio", su quella di destra "magazzino". sopra il bancone, il logo della rhino power service: un globo terrestre tra due rinoceronti che tirano nelle direzioni opposte, come l'etichetta dei levi's, ma con la terra al posto dei calzoni e i pachidermi al posto degli equini. di una bruttezza sconfortante. nello stanzone, altri due giovani disoccupati e spaesatissimi. c'era anche della musica, a volume basso: un unzunz fastidioso, ma non fuori luogo. "buongiorno" faccio alla figa di legno sotto il logo coi rinoceronti, "sono qui per un colloquio". la risposta che ricevo è a dir poco entusiasta: "ciao! sono tamara, accomodati, pietro arriva subito!" mi accomodo su una delle sedie tipo-oratorio appoggiate a una parete dello stanzone. mentre aspetto arrivano altri malcapitati, che ricevono la stessa entusiastica risposta dalla fregn de legn e si accomodano mestamente alle sedie del don.
tocca a me, entro nella porta "ufficio" dove trovo un piccolo e stipatissimo stanzino, dotato di scrivania e sedia e un sacco di altra robaccia, scatoloni, carta, libri. niente computer, ovviamente. il mio interlocutore si presenta:
"ciao marco, sono pietro!", mi afferra la mano e stringe fino a stritolare.
"bene marco, la rhino si occupa di import-export, è una grande multinazionale con sedi in tutta europa. il lavoro è molto semplice e saremo felici di spiegartelo tramite un giorno di prova che potrai svolgere già domani, che ne dici?"
"ah. così? ma di cosa si tratta?", chiedo sorridendo.
"domani potrai capire meglio, ma ti assicuro che è un'offerta imperdibile, marco, non fartela scappare", mi risponde lui guardando altrove.
"va bene, ma almeno un accenno? ieri la segretaria mi ha detto che oggi avrei saputo. ora si va a domani...", faccio io sorridendo meno.
"come faccio a spiegarti il lavoro di una multinazionale in un accenno? domani alle 7 qui da noi. e tutto sarà chiaro", mi fa lui perentorio e sempre guardando altrove.
"alle 7?!?"
"cominciamo molto presto, sì", mi fa sorridendo e fissandomi.
in pochi secondi soppeso: import-export? de che? sedi in tutta europa? ma va? cazzo però potrebbe anche dirmi di più! dice domani... in fondo domani non ho un cazzo da fare, anche se le sette del mattino sono un orario improponibile per una prova per un lavoro di cui non so nulla... vaffanculo, decido di andare e fisso l'appuntamento.
"bravo marco! ottima scelta, a domani" mi fa pietro prima di stritolarmi di nuovo la mano.
il giorno seguente la sede della rhino power service era la stessa, con qualche ragazzo seduto, ragazze in piedi, tutti un bel po' spaesati. come me, del resto: la sede era la stessa, la figa di legno sempre più legnosa, ma la musica era decisamente a un volume più alto del giorno prima, e l'unzunz fastdioso era davvero un martello. in fondo erano da poco passate le sette antimeridiane: l'alba, in pratica. d'un tratto un urlo proveniente dalla porta "magazzino": "OK, RAGAZZZZIII?!???" e poi la fragorosa quanto scontata risposta: "SIIIIIIIIIIII" la porta si spalnca, escono, marciando in fila indiana, dei personaggi bizzarri, un fauna davvero eterogenea. facce da paolotti, evidenti cocainomani, poche femine e tutte in tailleur, in generale degli sguardi profondi quanto pozzanghere. e insomma se ne vanno tutti compiaciuti, sorridenti, e sempre in fila indiana entrano nell'ufficio dove il giorno prima avevo conosciuto pietro, che quel giorno chiudeva la coda elargendo pacche su spalle e culi. il tarlo del dubbio comincia a divorarmi. poteva essere che stavo partecipando a mia insaputa a uno scherziaparte qualsiasi? poteva esserlo davvero? sì, era possibile. e la giornata era solo all'inizio.
noi candidati fummo accolti uno ad uno nell'ufficio. vedevo sti poveracci entrare in ufficio e uscirne qualche minuto dopo scortati da un esemplare di quella fauna di pazzi che era uscita dal magazzino. tocca a me. entro. di nuovo pietro, di nuovo mi stritola la mano, di nuovo entusiasta e carichissimo: "bene, marco. oggi alfonso ti spiegherà il lavoro e cosa vogliamo da te". ne avrei da chiedere, ma non faccio altre domande, forse anche intimorito dalla presenza degli altri componenti della fauna che ora popolavano l'ufficetto, già stipato di suo. mi giro e vedo alfonso: la faccia da bravo ragazzo, vestiti poveri, da grande magazzino, sudaticcio. il mio mentore. la mia guida. il mio guru. usciamo e attacca subito: anche lui come la receptionist di legno e come pietro lo stritolatore era infuso da sto cazzo di entusasmo forzato tipico della rhino power service:
"bene. allora andiamo subito così ti spiego in macchina, ok?", fa lui per sciogliere il ghiaccio.
"ah bene. andiamo in macchina?"
"sì, così ti spiego". il ghiaccio si indurì.
la macchina, non volevo crederci, era un alfa romeo arna. credo ne abbiano vendute 130 esemplari, di cui 100 in dotazione ai ghisa milanesi.
"è la tua auto?", chiedo io.
"sì. tu ce l'hai la patente vero?"
"sì sì. quindi serve la macchina per il lavoro? la mia macchina?" era giunto il momento di capire: quindi indagavo senza tregua, una domanda dietro l'altra, ma alfonso era incazzoso alla guida e spesso evasivo.
"sì. la macchina serve a seminare. e poi ovviamente per raccogliere devi averla".
a tratti non capivo la sua lingua.
"seminare e raccogliere cosa? cosa importa ed esporta la ditta?"
"eh, dai... poi ti faccio vedere... SPOOOSTATI CO' STA BICI!"
ci dirigiamo in centro. parcheggiamo a fatica in una zona centralissima e servitissima da tram e metropolitane, ma noi siamo lì in auto, come dei cretini. dei cretini sudaticci e male assortiti.
"eccoci, siamo arrivati. allora oggi vedrai una parte di semina e una di raccolta, vieni entriamo qui."
entriamo in questo portone di un palazzo del centro, un bel palazzo di quelli vecchi, zeppo di ufficio notarili o contabili. bypassiamo bellamente la portinaia e ci dirigiamo alla prima porta a destra, piano terra. entriamo e alfonso attacca:
"sono della rhino, son passato settimana scorsa, si ricorda?" la signora guarda in alto come a cercare il ricordo sul soffitto.
"ah.. sì... no, ma guardi... non ci interessa", fa lei alla fine.
"niente niente?", chiede calmo il mio mentore.
"no, grazie"
"peccato signora, erano un vero affare, allora non insisto, li riprendo e li porto via"
alfonso prende una piccola pila di libri che non avevo notato entrando e che stavano sopra un tavolino come fossero riviste nella sala d'aspetto di un dentista. si figuri.. ma non si preoccupi... grazie.. arrivederci... ciao. finito.
il lavoro, avrei poi capito durante la giornata, consisteva nella distribuzione, presso uffici e attività commerciali, di libri in visione: guide di giardinaggio, libri per l'infanzia, libri di cucina, roba da librerie remainders, per capirci. si passava a seminare, ovvero portare dei libercoli in visione per una settimana, per poi tornare e raccogliere gli eventuali ordinativi e riscuotere: negli uffici ci lavorano diversi dipendenti, che secondo alfonso avevano voglia di comprare quelle ostiate lì. in quel modo lì.
non lo mando subito a fare in culo, ma lo assecondo, ci passeggio insieme per tutta la giornata e gli faccio bellamente capire che a me di quel lavoro lì non frega niente. lui non insiste e mette un po' da parte il suo entusiasmo. nel nostro girovagare incontriamo altri rhino men, tutti in coppia, tutti più o meno bizzarri. nel tardo pomeriggio torniamo alla sede: la musica era a livelli che in provincia di bergamo le discoteche non possono raggiungere. ci accolgono alla grande: salutoni e high five che nemmeno in cumpa... nello stanzone gente che discuteva, che scoppiava in grasse risate, che si faceva gli scherzoloni da taddeone. sembrava un happy hour. ma senza drink, senza cibo e senza divertimento. ogni arrivo di una nuova coppia era salutato in modo più che caloroso. tutti salutavano sguaiatamente tutti, in un tripudio di follia generalizzata. ma ecco che entra un tizio, seguito dalla poveretta che se lo è sorbito tutto il giorno. la faccia da cocainomane col callo, alto e magro, con un sorriso sornione, si fa avanti e non saluta nessuno di quelli che erano accorsi per somministrargli la sua dose di calorosi saluti sguaiati, si dirige a larghe falcate verso la figa di legno, allunga una mano dietro il bancone, tira fuori una campana e comincia a scampanare come un chierichetto la notte di pasqua. la follia collettiva raggiunge vette sino ad allora inesplorate. baci, pacche, abbracci maschi e vigorosi. un vero delirio.
"cosa succede?", chiedo a un alfonso sudatissimo.
"ha superato il target!" e poi aggiunge sottovoce "cazzo, era anche altissimo"
mi faccio spiegare che il tizio con la campana quella mattina aveva detto "oggi piazzo tot libri" e quella sera aveva venduto "tot libri più uno". ne avevo avuto abbastanza. decido di andarmene e da allora la rhino power service è uscita per sempre dalla mia vita, nonostante il suo ricordo mi abbia sempre accompagnato.
era il 1996 e da allora ho fatto altri colloqui, ho avuto un considerevole numero di lavori e lavoretti anche diametralmente opposti tra loro, ma è ormai qualche anno, non so se per sfiga o fortuna, che non mi trovo nella pre-precaria condizione di quelli che cercano lavoro nell'italia di oggi. a loro dedico queste righe.
intorno alla metà degli anni novanta avevo finito il servizio civile e dovevo trovarmi un lavoro: l'estate era vicina e non volevo rimanere troppo nella metropoli; urgeva un lavoro, anche una cazzata eh, ma che mi permettesse almeno dieci giorni di campeggio in giro per la toscana o giù di lì. qualche giorno dopo la prima spedizione di curriculum mi contatta la rhino power service per fissare un colloquio per la mattina seguente.
"di che lavoro si tratta?", chiedo preventivamente.
"domani le spiegheranno tutto".
fisso l'appuntamento e intanto cerco di capire quale fosse la rhino power service tra le n-mila anonime inserzioni a cui avevo compulsivamente risposto; niente: l'unica è andare di persona e cercare di capire.
mi presento l'indomani all'orario stabilito. l'indirizzo corrisponde a un grande supercondominio in edilizia convenzionata nell'hinterland nord-orientale. citofono e un voce risponde "a destra, seminterrato". entro nel cortile supercondominiale, scendo la scalinata esterna e suono il campanello; apro la porta e la sede della rhino power service si apre ai miei occhi: uno stanzone con due porte e un piccolo bancone d'accoglienza. sulla porta di sinistra la scritta "ufficio", su quella di destra "magazzino". sopra il bancone, il logo della rhino power service: un globo terrestre tra due rinoceronti che tirano nelle direzioni opposte, come l'etichetta dei levi's, ma con la terra al posto dei calzoni e i pachidermi al posto degli equini. di una bruttezza sconfortante. nello stanzone, altri due giovani disoccupati e spaesatissimi. c'era anche della musica, a volume basso: un unzunz fastidioso, ma non fuori luogo. "buongiorno" faccio alla figa di legno sotto il logo coi rinoceronti, "sono qui per un colloquio". la risposta che ricevo è a dir poco entusiasta: "ciao! sono tamara, accomodati, pietro arriva subito!" mi accomodo su una delle sedie tipo-oratorio appoggiate a una parete dello stanzone. mentre aspetto arrivano altri malcapitati, che ricevono la stessa entusiastica risposta dalla fregn de legn e si accomodano mestamente alle sedie del don.
tocca a me, entro nella porta "ufficio" dove trovo un piccolo e stipatissimo stanzino, dotato di scrivania e sedia e un sacco di altra robaccia, scatoloni, carta, libri. niente computer, ovviamente. il mio interlocutore si presenta:
"ciao marco, sono pietro!", mi afferra la mano e stringe fino a stritolare.
"bene marco, la rhino si occupa di import-export, è una grande multinazionale con sedi in tutta europa. il lavoro è molto semplice e saremo felici di spiegartelo tramite un giorno di prova che potrai svolgere già domani, che ne dici?"
"ah. così? ma di cosa si tratta?", chiedo sorridendo.
"domani potrai capire meglio, ma ti assicuro che è un'offerta imperdibile, marco, non fartela scappare", mi risponde lui guardando altrove.
"va bene, ma almeno un accenno? ieri la segretaria mi ha detto che oggi avrei saputo. ora si va a domani...", faccio io sorridendo meno.
"come faccio a spiegarti il lavoro di una multinazionale in un accenno? domani alle 7 qui da noi. e tutto sarà chiaro", mi fa lui perentorio e sempre guardando altrove.
"alle 7?!?"
"cominciamo molto presto, sì", mi fa sorridendo e fissandomi.
in pochi secondi soppeso: import-export? de che? sedi in tutta europa? ma va? cazzo però potrebbe anche dirmi di più! dice domani... in fondo domani non ho un cazzo da fare, anche se le sette del mattino sono un orario improponibile per una prova per un lavoro di cui non so nulla... vaffanculo, decido di andare e fisso l'appuntamento.
"bravo marco! ottima scelta, a domani" mi fa pietro prima di stritolarmi di nuovo la mano.
il giorno seguente la sede della rhino power service era la stessa, con qualche ragazzo seduto, ragazze in piedi, tutti un bel po' spaesati. come me, del resto: la sede era la stessa, la figa di legno sempre più legnosa, ma la musica era decisamente a un volume più alto del giorno prima, e l'unzunz fastdioso era davvero un martello. in fondo erano da poco passate le sette antimeridiane: l'alba, in pratica. d'un tratto un urlo proveniente dalla porta "magazzino": "OK, RAGAZZZZIII?!???" e poi la fragorosa quanto scontata risposta: "SIIIIIIIIIIII" la porta si spalnca, escono, marciando in fila indiana, dei personaggi bizzarri, un fauna davvero eterogenea. facce da paolotti, evidenti cocainomani, poche femine e tutte in tailleur, in generale degli sguardi profondi quanto pozzanghere. e insomma se ne vanno tutti compiaciuti, sorridenti, e sempre in fila indiana entrano nell'ufficio dove il giorno prima avevo conosciuto pietro, che quel giorno chiudeva la coda elargendo pacche su spalle e culi. il tarlo del dubbio comincia a divorarmi. poteva essere che stavo partecipando a mia insaputa a uno scherziaparte qualsiasi? poteva esserlo davvero? sì, era possibile. e la giornata era solo all'inizio.
noi candidati fummo accolti uno ad uno nell'ufficio. vedevo sti poveracci entrare in ufficio e uscirne qualche minuto dopo scortati da un esemplare di quella fauna di pazzi che era uscita dal magazzino. tocca a me. entro. di nuovo pietro, di nuovo mi stritola la mano, di nuovo entusiasta e carichissimo: "bene, marco. oggi alfonso ti spiegherà il lavoro e cosa vogliamo da te". ne avrei da chiedere, ma non faccio altre domande, forse anche intimorito dalla presenza degli altri componenti della fauna che ora popolavano l'ufficetto, già stipato di suo. mi giro e vedo alfonso: la faccia da bravo ragazzo, vestiti poveri, da grande magazzino, sudaticcio. il mio mentore. la mia guida. il mio guru. usciamo e attacca subito: anche lui come la receptionist di legno e come pietro lo stritolatore era infuso da sto cazzo di entusasmo forzato tipico della rhino power service:
"bene. allora andiamo subito così ti spiego in macchina, ok?", fa lui per sciogliere il ghiaccio.
"ah bene. andiamo in macchina?"
"sì, così ti spiego". il ghiaccio si indurì.
la macchina, non volevo crederci, era un alfa romeo arna. credo ne abbiano vendute 130 esemplari, di cui 100 in dotazione ai ghisa milanesi.
"è la tua auto?", chiedo io.
"sì. tu ce l'hai la patente vero?"
"sì sì. quindi serve la macchina per il lavoro? la mia macchina?" era giunto il momento di capire: quindi indagavo senza tregua, una domanda dietro l'altra, ma alfonso era incazzoso alla guida e spesso evasivo.
"sì. la macchina serve a seminare. e poi ovviamente per raccogliere devi averla".
a tratti non capivo la sua lingua.
"seminare e raccogliere cosa? cosa importa ed esporta la ditta?"
"eh, dai... poi ti faccio vedere... SPOOOSTATI CO' STA BICI!"
ci dirigiamo in centro. parcheggiamo a fatica in una zona centralissima e servitissima da tram e metropolitane, ma noi siamo lì in auto, come dei cretini. dei cretini sudaticci e male assortiti.
"eccoci, siamo arrivati. allora oggi vedrai una parte di semina e una di raccolta, vieni entriamo qui."
entriamo in questo portone di un palazzo del centro, un bel palazzo di quelli vecchi, zeppo di ufficio notarili o contabili. bypassiamo bellamente la portinaia e ci dirigiamo alla prima porta a destra, piano terra. entriamo e alfonso attacca:
"sono della rhino, son passato settimana scorsa, si ricorda?" la signora guarda in alto come a cercare il ricordo sul soffitto.
"ah.. sì... no, ma guardi... non ci interessa", fa lei alla fine.
"niente niente?", chiede calmo il mio mentore.
"no, grazie"
"peccato signora, erano un vero affare, allora non insisto, li riprendo e li porto via"
alfonso prende una piccola pila di libri che non avevo notato entrando e che stavano sopra un tavolino come fossero riviste nella sala d'aspetto di un dentista. si figuri.. ma non si preoccupi... grazie.. arrivederci... ciao. finito.
il lavoro, avrei poi capito durante la giornata, consisteva nella distribuzione, presso uffici e attività commerciali, di libri in visione: guide di giardinaggio, libri per l'infanzia, libri di cucina, roba da librerie remainders, per capirci. si passava a seminare, ovvero portare dei libercoli in visione per una settimana, per poi tornare e raccogliere gli eventuali ordinativi e riscuotere: negli uffici ci lavorano diversi dipendenti, che secondo alfonso avevano voglia di comprare quelle ostiate lì. in quel modo lì.
non lo mando subito a fare in culo, ma lo assecondo, ci passeggio insieme per tutta la giornata e gli faccio bellamente capire che a me di quel lavoro lì non frega niente. lui non insiste e mette un po' da parte il suo entusiasmo. nel nostro girovagare incontriamo altri rhino men, tutti in coppia, tutti più o meno bizzarri. nel tardo pomeriggio torniamo alla sede: la musica era a livelli che in provincia di bergamo le discoteche non possono raggiungere. ci accolgono alla grande: salutoni e high five che nemmeno in cumpa... nello stanzone gente che discuteva, che scoppiava in grasse risate, che si faceva gli scherzoloni da taddeone. sembrava un happy hour. ma senza drink, senza cibo e senza divertimento. ogni arrivo di una nuova coppia era salutato in modo più che caloroso. tutti salutavano sguaiatamente tutti, in un tripudio di follia generalizzata. ma ecco che entra un tizio, seguito dalla poveretta che se lo è sorbito tutto il giorno. la faccia da cocainomane col callo, alto e magro, con un sorriso sornione, si fa avanti e non saluta nessuno di quelli che erano accorsi per somministrargli la sua dose di calorosi saluti sguaiati, si dirige a larghe falcate verso la figa di legno, allunga una mano dietro il bancone, tira fuori una campana e comincia a scampanare come un chierichetto la notte di pasqua. la follia collettiva raggiunge vette sino ad allora inesplorate. baci, pacche, abbracci maschi e vigorosi. un vero delirio.
"cosa succede?", chiedo a un alfonso sudatissimo.
"ha superato il target!" e poi aggiunge sottovoce "cazzo, era anche altissimo"
mi faccio spiegare che il tizio con la campana quella mattina aveva detto "oggi piazzo tot libri" e quella sera aveva venduto "tot libri più uno". ne avevo avuto abbastanza. decido di andarmene e da allora la rhino power service è uscita per sempre dalla mia vita, nonostante il suo ricordo mi abbia sempre accompagnato.
era il 1996 e da allora ho fatto altri colloqui, ho avuto un considerevole numero di lavori e lavoretti anche diametralmente opposti tra loro, ma è ormai qualche anno, non so se per sfiga o fortuna, che non mi trovo nella pre-precaria condizione di quelli che cercano lavoro nell'italia di oggi. a loro dedico queste righe.
venerdì 18 dicembre 2009
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